H.I.M. incoronato
croce etiope

Selassie e l'amore

Rastafari è una cultura fondata sul senso di pienezza, pienezza dell’amore per Dio, delle facoltà umane al Suo servizio e dell’esperienza mistica. Essa manifesta un concetto di integrità inseparabile, come la stessa parola testimonia, da quello di integralità, ovvero di totale partecipazione dell’individuo al piano Divino, senza parzialità o distrazione, nello spirito così come nel corpo, nell’invisibile così come nel visibile, come in Cielo così in Terra (Preghiera del “Padre Nostro”, Vangelo di Matteo 6, 10). In accordo con tale verità, la nostra fede non concepisce un’ortodossia, ovvero una corretta interpretazione dottrinale, che sia slegata da un’ortoprassia, una giusta pratica coerente con i principi di giustizia e amore rivelati e realizzati dal Signore, poiché senza di essa ogni idea, per quanto profonda e nobile, sarebbe miseramente ridotta a fumo intellettuale, vano e contraddittorio. Il Dio Biblico ha infatti comandato ai suoi figli “Siate santi come Io sono Santo” (Levitico 11, 45), e per mezzo della Sua Incarnazione in Cristo ci ha mostrato la necessità eterna che “il Verbo si faccia carne” (Vangelo di Giovanni, 1, 14), e che i nostri valori non restino nascosti nell’astrazione della mente, ma diventino opere concrete e plasmino la realtà. In quest’ottica, la categoria dei “credenti non-praticanti”, molto in voga nella società occidentale, è completamente priva di senso, tanto più quando viene applicata alla cultura cristiana, che in origine la rifiuta e condanna come una grave eresia, per bocca dell’Apostolo Giacomo, Capitolo 2 Verso 20:

Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta?

Se come l’Apostolo Giovanni ci insegna Dio è Amore (I Lettera 4, 8), quello stesso da Lui nutrito nel principio dei tempi con la propria opera creativa e, lungo il cammino della storia, nella Sua paterna presenza al fianco dell’uomo e delle sue sofferenze, anche noi, figli di questo Bene, siamo chiamati a mostrare il medesimo spirito di servizio, cura e rispetto per l’Altro, ad esprimere un’energia di preservazione e glorificazione della Vita che da Lui è sorta.

Noi Lo amiamo perché Egli ci ha amati per Primo. Se uno dice: “Io amo Dio”, e odia il proprio fratello, è bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? (I Lettera di Giovanni 4, 19-20)

Facendo ciò, diamo compimento alla nostra natura originaria, diventando un riflesso di quell’esempio perfetto che Dio ha stabilito con la Sua condotta, e in particolare, per noi uomini, nel momento della Sua Incarnazione, quando si è sottoposto alla legge umana senza generare alcuna iniquità o inganno. Egli disse, a questo proposito:

Io infatti vi ho dato l’esempio, affinché come ho fatto io facciate anche voi. (Giovanni 13, 15)

E ancora:

Sin dal momento in cui nacque dalla Vergine Maryam, Iyesus Krstos (Gesù Cristo) condusse un’esistenza esemplare, una vita che gli uomini di ogni luogo devono emulare… A motivo del carattere esemplare della vita di Iyesus Krstos, è necessario che tutti gli uomini si adoperino al meglio delle proprie facoltà umane per approssimarsi il più possibile al buon esempio che Egli ha impartito. (Qadamawi Haile Selassie, Intervista Hoffman, 1968)

La dimensione materiale, a riprova dell’indissolubile unità di questi due elementi, influisce anche potentemente sulla profondità della vita spirituale: essa implica una superiore visione del Divino, il sentimento della sua presenza reale nella vita quotidiana e così un costante alimento per la meditazione e la solidità dell’anima. Non vi può essere, infatti, autentica comprensione dei misteri senza la loro personale esperienza, non si può avere alcuna conoscenza profonda senza essere e incarnare soggettivamente quelle verità. Per tale ragione, la nostra identità religiosa non è regolata da “dogmi”, intesi come concetti spirituali completamente astratti, similmente ai culti dell’occidente, ma è invece fondata sulla Livity, ovvero sulla materializzazione della fede e la sua concreta esperienza, su una Verità che è anche Vita e Via dell’esistere (cf. Vangelo di Giovanni, 14,6).

Per quanto si debba compiere ogni sforzo per approssimarsi al Modello Assoluto che il Signore ha stabilito, è bene comprendere che la rettitudine non può essere fondata su principi strettamente umani e indipendenti dalla relazione con Dio, come un certo pensiero laicista potrebbe suggerire. Parlando del Divino nella sua più universale dimensione, è la fede a indicare il sentiero di realizzazione di ogni opera buona, e senza una visione limpida, comunicata da Colui che vede tutto, non vi può essere alcuna impresa vittoriosa, se non illusoria. La vita dell’uomo, per giunta, non dipende esclusivamente dalle sue scelte, che devono necessariamente conciliarsi, per il successo, con i Piani e le Volontà del Signore. E’ essenziale, infine, anche la fede nella bontà finale della creazione e nella divina libertà di ogni individuo, elementi senza i quali non è possibile giungere a nulla, poiché si ottiene il Bene soltanto credendo nella sua possibilità di esistenza e necessità cosmica. La Giustizia deriva dalla Fede (Lettera ai Romani 9, 30).

La Fede nell’Onnipotenza di Dio, la ricerca del Suo aiuto e della Sua approvazione, è il presupposto essenziale di qualunque buona azione, della sua riuscita, perfezione e sincerità. Allo stesso tempo, l’Amore è il compimento della Fede, e senza di questo essa è come un albero senza frutti, sterile e privo di senso.

La Fede e l’Amore non sono separabili l’uno dall’altro. (Haile Selassie, Intervista Hoffman, 1968)

Soltanto l’equilibrata unità di questi due elementi, nel rispetto dei loro specifici ruoli ma anche della loro interdipendenza e compenetrazione, può produrre giustificazione e salvezza dinanzi allo sguardo di Dio, e ci permetterà di sopravvivere il giorno in cui:

I morti saranno giudicati dalle cose scritte nei Libri, secondo le loro opere. (Rivelazione 20, 12)

In accordo con la Fede Cristiana d’Etiopia, Iyasus ha stabilito nella Sua Prima Venuta Sacerdotale il modello morale definitivo, legato all’Alleanza Nuova ed Eterna che Egli stipulò con il Suo Sangue, immagine di perfetta santità che il Signore Haile Selassie I si limita ad attualizzare ed arricchire esegeticamente, senza modifiche. Partendo dalle regole fondamentali enunciate dal Santo Patto e custodite della Tradizione, approfondendo ogni precetto secondo la dottrina etiopica confermata e insegnata da Sua Maestà, potremo delineare la Morale Rastafari fondamentale, che i Rasta si impegnano ad onorare nei pensieri, nelle parole e nelle opere sull’esempio del Loro Re, al meglio delle proprie abilità.

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