La vita di Haile Selassie

Selassie da bambino
Croce etiope
Vi invitiamo a copiare e incollare liberamente sul web questo articolo, che descrive in maniera sintetica ed enciclopedica la vita del nostro Re.

Tafari Makonnen (letteralmente, in lingua etiope, “Colui che incute timore e giudica”) nacque a Jersa Goro, una remota e scarsamente abitata località dell’Harar, a 500 km da Addis Ababa, il 23 Luglio 1892. La nascita sugellava la fine di una pesante carestia, che aveva flagellato la popolazione per circa tre anni e costretto i genitori del bambino a fuggire in un’area marginale e deserta. Egli discendeva dalla stirpe regale salomonica sia per linea materna che paterna, e tuttavia era genealogicamente distante dalla dinastia regnante, e nulla lasciava ipotizzare una sua ascesa al trono. Per volontà del padre, molto sensibile alle necessità di modernizzazione del paese, oltre alla sua civiltà tradizionale Tafari studiò la cultura occidentale presso i missionari europei, mostrando quella precoce intelligenza che gli permise di compiere una carriera rapida e brillante: a 13 anni ricevette il titolo di “Dejazmach” e la responsabilità di governare la regione del Gara Mulata, e dopo un breve periodo di studio presso la corte dell’Imperatore Menelik II, profondamente colpito dalle sue capacità, a 16 anni iniziò a giudicare nelle corti ed assumere pienamente i propri poteri di dignitario, per poi ricevere a 18 anni il comando sull’Harar, diventando così uno degli uomini più potenti d’Etiopia. In seguito alla malattia dell’Imperatore ed alla sua conseguente disabilità, giunse al potere il nipote Lij Yasu, che dopo un periodo di malgoverno oppressivo e dissoluto tentò di islamizzare con la violenza l’Etiopia, determinando la propria deposizione e scomunica ecclesiastica: al suo posto, nel 1916, fu eletta Imperatrice la figlia di Menelik II, Zewditu, e Tafari, assumendo il titolo di “Ras”, fu dichiarato erede al trono e reggente plenipotenziario, a motivo della sua provata abilità e moralità.

Dopo aver sconfitto in battaglia il sovrano deposto, riluttante ad abbandonare il potere, il Reggente consolidò la sua posizione e restaurò la stabilità dell’Impero, avviando il processo di graduale modernizzazione che avrebbe caratterizzato il suo intero ministero politico, attraendosi l’ostilità dei tanti conservatori che vedevano nel cambiamento un’opera diabolica contro la legge di Dio: uno sviluppo saggio e graduale, che riformasse il sistema feudale ancora in vigore in Etiopia, senza tuttavia abusare della libertà dei cittadini né stravolgerne i costumi, coinvolgendo esperti stranieri e cooperando con le nazioni tecnologicamente avanzate. Secondo questo spirito, Egli inaugurò la ristrutturazione e lo sviluppo urbanistico della capitale e dei centri maggiori, l’introduzione delle moderne tecniche nella vita quotidiana e nella prassi di governo, l’ampliamento del sistema educativo secondo criteri più avanzati, perfezionato dall’invio all’estero degli studenti meritevoli, la riforma dell’ordinamento sociale e giuridico sul modello della civiltà di diritto. In quest’ultimo ambito, in particolare, spicca la sua campagna per l’abolizione della schiavitù, un’istituzione di eredità biblico-giudaica che costituiva l’impedimento fondamentale per la crescita della comunità e della sua vita morale. Sul piano internazionale, Ras Tafari aprì definitivamente le porte dell’Etiopia al mondo esterno, ed avviò prolifiche relazioni con molte comunità straniere, dalle potenze occidentali agli africani della diaspora. Nel 1922, l’Etiopia fece richiesta di ammissione alla Società della Nazioni, il massimo organismo internazionale dell’epoca, e nel 1923 fu ufficialmente accettata: in tal modo, non soltanto uno stato africano si inseriva nella vita politica internazionale, ma gli venivano riconosciuti ufficialmente pari dignità e il diritto ad esistere liberamente, tutelandolo legalmente da eventuali aggressioni coloniali. Per la prima volta nella storia dei regnanti etiopi, nel 1924 Tafari compì un viaggio all’estero, recandosi in visita nelle più importanti capitali europee e rafforzando la collaborazione diplomatica e commerciale. Nel 1928 fu incoronato Negus (Re) sull’onda di un grande successo popolare, ricevendo così ancor maggior prestigio nell’ambiente politico nazionale, e il 2 Novembre 1930, in seguito alla morte della Regina Zewditu per la degenerazione del suo diabete, Egli fu incoronato definitivamente Imperatore per autorità della Chiesa Ortodossa, acquisendo il nome di Qadamawi Haile Selassie (Primo Potenza della Trinità) ed i titoli di Re dei Re, Eletto di Dio, Leone Conquistatore della Tribù di Giuda e Luce del Mondo: dopo una preparazione di sette mesi, fu organizzata in quella data un’impressionante cerimonia d’investitura, la più ricca della storia dell’Etiopia, intrisa di misticismo e significato storico.

Oltre all’importante valore teologico e liturgico che tale evento ricopriva per la cultura abissina, la sua eleganza e sacralità colpi favorevomente il mondo occidentale, che riconobbe in esso la ricchezza della cultura africana: 13 tra le nazioni più potenti del globo, dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Inghilterra all’Italia, parteciparono uffucialmente all’evento, e si inchinarono dinanzi alla regalità di un “nero” in un tempo di totale oppressione e discriminazione. E’ in questa circostanza che diverse comunità di cristiani di ispirazione etiopica in Africa, nelle Indie Occidentali e in America, videro in Haile Selassie I il Cristo Gesù tornato nel suo carattere regale, a compimento delle profezie bibliche, dando origine al movimento Rastafariano (Rasta), che trae il proprio nome da quello del Sovrano, il maestro in cui essi si identificarono completamente. Avendo ricevuto la piena autorità, Haile Selassie I si dedicò con convizione al suo progetto riformista, e nel 1931 presentò al regno la prima costituzione scritta, che concedeva diritti civili ai cittadini e poneva le basi di uno stato democratico, istituendo il parlamento e limitando le prerogative imperiali. Tuttavia il suo lavoro fu interrotto nel 1935, quando, sull’onda della crescente follia nazifascista, l’Italia aggredì l’Etiopia, infrangendo due trattati di pace e ignorando la condanna della Società delle Nazioni. Nonostante la pratica da parte italiana di tecniche belliche vietate dalla convenzioni internazionali, come l’uccisione di civili, la distruzione di abitazioni e il bombardamento della croce rossa, nonché il possesso di armamenti nettamente superiori in numero e qualità, l’esercito etiope combattè strenuamente e resistette per diversi mesi, capeggiato in battaglia dall’Imperatore stesso. L’impiego dell’iprite, gas tossico vietato dalle convenzioni internazionali, segnò la svolta definitiva dello scontro, ed impose ad Haile Selassie di recarsi all’estero per chiedere sostegno militare ed economico alle potenze. Rivolgendo personalmente un discorso alla Società delle Nazioni, nel 1936 eglì denunciò l’infrazione della moralità internazionale e la pericolosità del fatto per la sicurezza collettiva, annunciando chiaramente l’avvento della Seconda Guerra mondiale: l’appello, tuttavia, determinò soltanto delle timide sanzioni commerciali ai danni dell’Italia, a cui fu lasciata sostanziale libertà d’azione in nome del compromesso e della “pacificazione”.

Dopo aver vissuto circa 5 anni in esilio, con la propria famiglia ed i propri collaboratori, presso Bath, una piccola città vicino Londra, nel 1940, con lo scoppio del conflitto planetario, l’Inghilterra concesse al Re dei Re le truppe e le armi che richiedeva, e con esse il Sovrano avviò immediatamente la guerra di liberazione, conducendola personalmente sul campo. Il 5 Maggio 1941, 5 anni esatti dopo la sua partenza, Egli ritornò ad Addis Ababa tra le urla di gioia della folla, segnando la prima vittoria alleata del conflitto mondiale sino ad allora dominato dall’Asse, e concesse l’amnistia agli italiani e a tutti i collaborazionisti. Dopo essersi abilmente liberato della presenza inglese, che avanzava pretese politiche durante l’occupazione militare, Haile Selassie partecipò attivamente al processo di restaurazione della pace mondiale, e fu originale firmatario dello Statuto della Nazioni Unite. Avviando la ricostruzione del paese ed il consolidamento del governo nazionale, cercò di raggiungere pienamente il modello democratico verso cui aveva lavorato nel periodo precedente. Nel 1955 promulgò una seconda costituzione, in cui tutti i diritti umani fondamentali, contemplati dalle disposizioni della relativa Dichiarazione Universale, erano enunciati e garantiti, ed in cui veniva introdotta l’elezione popolare a suffraggio universale per i membri del Parlamento, che promulgava le leggi e offriva la fiducia all’esecutivo. Vennero approvati inoltre nuovi codici legali, istituito un giudiziario indipendente ed articolato, ampliata la sanità, con la costruzione di ospedali ben attrezzati, rafforzata l’istruzione, con la creazione di nuovi istituti e di un sistema universitario, fu organizzato uno degli eserciti più efficenti d’Africa, utilizzato anche dall’Onu in diverse missioni internazionali di pace. Nel 1952, inoltre, a risultato di una grande campagna politica culminata in un plebiscito popolare, l’Onu concesse la restituzione dell’Eritrea, ricca regione marittima strappata all’Etiopia dall’Italia alla fine dell’800: l’Impero raggiunse così la sua massima estensione ed un vitale sbocco commerciale sul Mar Rosso, che diede impulso alla crescita economica e industriale dell’intera nazione. Nel 1959, a conclusione di un lungo processo di trattative, l’Imperatore, riuscì ad ottenere l’indipendenza amministrativa della Chiesa d’Etiopia dal Patriarcato di Alessadria dopo 1600 anni di subordinazione, e la possibilità di eleggere un proprio Patriarca e dare dignità alla Cristianità Etiopica, di cui il Sovrano era profondamente fedele.

Nel 1960, durante un viaggio dell’Imperatore in Brasile, i vertici della guardia imperiale, corpo militare scelto, ammutinarono, e tentarono un colpo di stato, che tuttavia non aveva alcun sostegno sociale e si spense dopo pochi giorni, sotto la pressione della stessa popolazione: esso rivelava tuttavia l’infiltrazione di ideologie occidentali ed interessi stranieri, in particolare marxisti, nelle classi istruite. Gli anni sessanta sono un periodo di svolta nella carriera politica del Sovrano: entro il profilo interno, rafforzò il ruolo del Primo Ministro come responsabile dell’esecutivo, e istituì concili locali e municipali di elezione democratica; avendo così edificato la struttura di una democrazia autonoma, si dedicò all’attività internazionale con grande intensità e successo, fungendo da mediatore in molte importanti crisi africane (Sudan, Algeria-Marocco, Biafra…) e lavorando per l’unità del Continente. A coronamento di tali sforzi, nel 1963 fondò, insieme ai stati africani liberi, L’Organizzazione dell’Unità Africana, primo esempio di unificazione politica continentale. Dello stesso periodo sono i suoi sforzi per l’unità spirituale delle Chiese Ortodosse Orientali e della Cristianità mondiale, e il tentativo di superare i limiti intereligiosi: per premiare il suo intenso sforzo a favore della causa di Cristo della pace mondiale, l’Ortodossia Orientale lo dichiarò nel 1965 “Difensore della Fede”, e molti furono i suoi contatti con la Cristianità occidentale, il mondo Islamico e gli altri culti. Molti furono i suoi viaggi negli altri continenti, tra cui l’Italia (1970), per l’inaugurazione di rapporti di collaborazione e diplomazia, per la sicurezza collettiva, il rispetto dei diritti umani e il superamento della guerra fredda. Egli lavorò intensamente, coltivando rapporti di uguale valore con l’Occidente e il blocco sovietico, premendo per la loro comunicazione e fondando il gruppo dei “Paesi Non-Allineati”, contrario ad ogni imperialismo e promotore di una reale autodeterminazione dei popoli, fuori dagli schemi ideologici del capitalismo e del comunismo. E’ in questo periodo, inoltre, che egli compie un viaggio nei Caraibi, presso le maggiori comunità rastafariane del mondo, che gli riservarono una straordinaria accoglienza e che furono premiate con onorificenze ufficiali ed incoraggiate a lavorare al suo fianco.

Negli anni 70 giunse infine il riconoscimento internazionale del suo operato e l’apice della fama, in cui diventa l’uomo di stato più anziano e decorato del mondo, in termini civili, militari e accademici. In seguito ad una pesante carestia ed alla recessione economica globale, l’economia etiope conobbe una flessione fisiologica, che diede adito alla propaganda sovietica e a tumulti nel tessuto studentesco ed urbano. Il rifiuto del Re di reprimere il fenomeno e di lasciargli piena libertà di crescita si rivelò in poco tempo fatale per la stabilità del paese, che nel 1974 fu travolto da un colpo di Stato militare, che arrestò e depose il Sovrano e che, abolendo ogni libertà dei cittadini e introducendo l’Etiopia nell’orbita russa, si macchiò di un terribile genocidio, circa 1 milione e mezzo di etiopi. Nello stesso anno viene annunciata la Sua morte dalla giunta militare al potere (Derg), che tuttavia non mostrerà mai il corpo, né il luogo della sepoltura, né alcuna foto o video. Questo evento è ancora oggi avvolto dal mistero. Piuttosto che spegnersi, il movimento religioso Rastafari si è da allora moltiplicato e rafforzato, anche grazie alla sua viva tradizione musicale (reggae – regale), radicandosi inoltre presso nazioni estranee al mondo africano. I Rasta sono oggi i custodi della storia e dell’esempio dell’Imperatore, che giudicano essenziale per l’instaurazione di un regno divino di giustizia, pace e libertà universali.

Translate »