Se consideriamo Sua Maestà il centro della moderna rivelazione e una fase nuova della storia spirituale, in accordo con quanto da Lui predicato ed operato, naturalmente sarà anche necessario definire chi Egli sia in sede teologica, cioè quale ruolo rivesta nel piano Divino che ci è stato mostrato, e per farlo è necessario meditare sulla Fede in Cristo che Egli ci ha insegnato, da cui il Suo Ministero sorge secondo una continuità storica e culturale, alla luce di cui la Sua Manifestazione deve essere individuata e giustificata. Come Haile Selassie Stesso affermò, “noi stimiamo la Bibbia al di sopra di ogni altro libro. In essa conosciamo gli eventi del passato e apprendiamo quelli del futuro” (Inaugurazione edificio Bible Society, 1972), e sarebbe assurdo pensare che una Personalità così significativa sia assente nella profetica e nella dottrina: se così fosse, piuttosto, la fede si mostrerebbe falsa, in quanto priva di coesione storica e sistematica.
Una simile situazione, d’altronde, si presentò anche con Gesù, che si impegnò costantemente a dimostrare la propria presenza nell’Antico Testamento e far capire che il Suo ministero “innovativo” non era un’invenzione, ma un evento annunciato, atteso e necessario. Interrogarsi sulla Sua identità è quindi un’esigenza essenziale, biblicamente enfatizzata da una domanda del Cristo ai suoi discepoli, descritta nel Vangelo di Matteo, capitolo 16, versi 13-15 :
Poi Gesù, giunto dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “Chi dicono gli uomini che io, il Figlio dell’uomo, sia?”. Ed essi dissero: “Alcuni, Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia, o uno dei profeti”. Egli disse loro: “E voi, chi dite che io sia?”. Simon Pietro, rispondendo, disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” E Gesù, rispondendo, gli disse: “Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli.
Ancora oggi la risposta più comune e popolare delle persone che conoscono il Re sufficientemente, sì da poterne apprezzare il carattere straordinario, consiste nell’indicare in Lui un modello morale, una figura di santità e di profezia, mentre la fede in Rastafari come Cristo e Dio è generalmente sentita come un’esagerazione, uno squilibrio o, peggio, come una bestemmia. Premesso che tali atteggiamenti non siano affatto una novità, ma, come abbiamo letto, siano descritti con precisione ben prima che i loro protagonisti nascessero, si può offire la medesima risposta di Pietro in relazione a Sua Maestà soltanto ponendosi nella condizione dei primi cristiani, e chiedendosi le ragioni profonde per cui Gesù fu riconosciuto in ambiente ebraico, ragioni che, evidentemente, sono tuttora custodite dalle pagine del Vangelo.
Molto spesso quando si pensa alla dottrina Rastafari si crede che essa sia costruita su pochi, fragili elementi storici, che i fedeli ripetono ciclicamente per giustificare le proprie azioni: tale visione è frutto dell’ignoranza e mediocrità analitica di chi ha l’abitudine di giudicare senza la fatica dello studio onesto, ed intepreta la nostra cultura alla luce dei modelli religiosi dell’occidente, che sono così strutturati e che, evidentemente, hanno una storia antitetica alla nostra. Nella Bibbia sono elencati molti elementi storici che provano il carattere Divino e Messianico di Gesù, e possono essere generalmente classificati in 7 grandi categorie, in accordo con i passi in cui la Scrittura pone in rilievo il concetto di testimonianza per Cristo : noi confessiamo che Haile Selassie I sia il Messia nella Sua Seconda Venuta, a compimento dell’attesa cristiana, proprio in virtù di queste indicazioni, la cui viva presenza è già una forma di parallelismo unico e profetico con la vita di Gesù ed attesta il carattere puramente biblico di Rastafari.
Queste categorie sono poi compiute da infiniti segni e realtà, che sgorgano continuamente da ciò che è una fontana di acqua viva ed inesauribile, non un oggetto statico e passivo. Il riconoscimento della Divinità di Haile Selassie I, così come quella di Gesù, non deriva quindi dall’imparare a memoria una lista di concetti e frasi, ma dal compimento di un cammino di studio ed amore sulle Sue orme. D’altra parte, riflettendo sull’ultima frase del Cristo, non possiamo che rilevare che ogni religiosa certezza non proviene dalla carne e dal sangue, ma ha un’origine divina, e che le argomentazioni razionali, per quanto stringenti, non possono catturare ciò che dipende in primo luogo dalla nostra libera scelta di accogliere Dio, dalla nostra libera volontà di accostarci con umiltà e senza malizia alla Sua Parola e ricevere la Sua Grazia.
Ciò che seguirà sarà certamente utile a tracciare uno schema intellettuale generale per interpretare il nostro cammino, a cui però bisognerà conferire sostanza attraverso lo studio approfondito della disciplina, altre riflessioni esegetiche e l’esperienza diretta del lettore. Questo spazio sarà gradualmente arricchito per favorire tale processo di comprensione.
a) La Missione del Battista
Ci fu un uomo mandato da Dio; il suo nome era Giovanni. Questi venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma per rendere testimonianza alla luce.
Giovanni 1, 6-8
Per bocca del profeta Malachia, nel terzo capitolo della sua Visione, il Signore preannunciò che la Sua Venuta sarebbe stata introdotta e preparata da un Precursore, che veniva in quel luogo equiparato ad Elia per forza e spirito profetico: “Ecco, io mando il mio messaggero a preparare la via davanti a Me“. Come apprendiamo con chiarezza dalla narrazione evangelica, questo ruolo è attribuito a Giovanni il Battista, così chiamato poiché amministrava alle folle un battesimo di redenzione: Egli denunciava i limiti dell’alleanza antica e l’esigenza di un rinnovamento spirituale e morale, prefigurando così la remissione dal peccato che avrebbe operato il Cristo per mezzo dei sacramenti. Egli è il punto di contatto e il ponte tra la Legge Antica e il Mondo Nuovo, e la figura più precisa e vicina del Cristo veniente; Giovanni non giudicava infatti se stesso sufficiente, ma il suo ministero era finalizzato a preparare la via del Signore, a stabilire le condizioni affinché il Vero Redentore potesse manifestarsi ed essere accolto: in quest’ottica, egli predicava continuamente la Sua imminente venuta in Israele, e quando Gesù apparve, indicò in Lui il compimento delle attese. Da allora, come anche lui aveva affermato, l’onore concesso a Giovanni sarebbe passato al Cristo, moltiplicandosi e restando per sempre: “Egli deve crescere, io invece diminuire” (Giovanni cap. 3).
In pieno accordo con le vicende dipinte dai Vangeli, anche la seconda Venuta fu introdotta da un personaggio straordinario, l’On. Marcus Garvey, capo dell’ampio fermento messianico denominato Etiopianismo. Esponente delle congregazioni cristiane africane che guardavano all’Etiopia per raggiungere la propria redenzione religiosa e politica, Egli annunciò alle nazioni l’esigenza di una liberazione dall’iniquità dei sistemi, predicando l’auto-determinazione e la libertà dei popoli e i diritti umani fondamentali, in un’epoca in cui il colonialismo e il razzismo costituivano i principi fondamentali della cultura collettiva. Anche Lui, tuttavia, era cosciente di essere subordinato ad un Altro, ed incanalò l’attenzione delle folle verso il Vero Liberatore, che, secondo le sue indicazioni, sarebbe giunto presto sul trono d’Etiopia. Quando il Signore prese posto sul seggio di Davide, egli salutò tale evento come la realizzazione delle attese da lui predicate: da allora, l’attenzione dei fedeli lo lasciò gradualmente, e si spostò verso il Re, costituendo poi il primo corpo sociale del movimento Rastafari. Lo studio dell’attesa Etiopianista, della dottrina di Marcus Garvey e dei suoi discepoli, non può che portarci a riconoscere come tutto ciò abbia previsto ed introdotto perfettamente, annunciandone l’imminenza, ciò che si sarebbe rivelato in Sua Maestà, istituendo le condizioni storiche della Sua manifestazione.
b) Le Opere
“…le opere che il Padre mi ha dato da portare a compimento, queste stesse opere, che io faccio, mi rendono testimonianza che il Padre mi ha mandato”
Giovanni 5, 36
Il Signore Gesù disse riguardo ai giudei che lo tradirono:
Se non avessi fatto in mezzo a loro le opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; ora invece le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio. (Giovanni 15:24)
Egli dichiarava così di aver testimoniato il proprio carattere cristologico con una missione, un ministero che non aveva uguali nella storia d’Israele e dunque del Mondo. La potenza dei segni, dei miracoli, della rettitudine mostrata da Cristo nella sua esistenza esemplare, nonché il mutamento epocale di cui fu artefice, lo portano aldilà di ogni altra illustre personalità della storia ebraica e ne esaltano l’unicità, confermando così anche la sua personalità speciale, messianica.
Alla stessa maniera, i contributi offerti da Sua Maestà al benessere del popolo d’Etiopia e dell’intera umanità non possono, dopo un attento studio, essere affiancati da nessun altro, ed hanno il medesimo ruolo e potere dei miracoli compiuti in principio da Gesù. Naturalmente, la forma di questi segni è differente, in accordo con la diversità delle due missioni cristiche, e i prodigi del Ministero Regale del Signore hanno una valenza eminentemente politica e sociale. I progressi osservati in Etiopia a partire dal Suo governo furono così tanti e radicali da far scrivere all’illustre docente di Oxford Edward Ullendorf che “si fece di più in 30 anni che in tutta la storia passata” (The Ethiopians, Oxford University Press, 1966): il Re apportò modifiche “rivoluzionarie” al sistema politico tradizionale, stabilito dalla Divina Legge Mosaica, assumendosi un’autorità unica nella storia della Nazione e realizzandola con perfetta capacità. L’eccellenza manifestata dal Signore in tutti i campi della vita politica e personale fanno di Lui un modello insuperabile e definitivo di Statista, una singolarità personale che non può essere teologicamente ignorata.
c) I Titoli Sacri
“E anche il Padre che mi ha mandato mi ha reso testimonianza”
Giovanni 5, 37
Quando il Signore fu battezzato da Giovanni nel Giordano, ricevendo così la sua unzione messianica e sacerdotale, il Padre squarciò il Cielo e affermò dinanzi a tutti i presenti: “Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho posto la mia compiacenza” (Matteo 3, 17). La medesima apparizione si sarebbe ripetuta in occasione della Sua Trasfigurazione (Luca 9, 35) arricchendo il contenuto della prima frase: “Questi è mio Figlio, l’Eletto, ascoltatelo!”. In tal modo, Dio faceva sì che scendessero sul Capo di Cristo delle qualificazioni che ne confermavano l’autorità messianica, l’elezione e la natura divina, come Figlio incarnato e Redentore. Ugualmente, il Signore Haile Selassie I ricevette, in occasione della Sua Incoronazione e durante il Suo Ministero, diversi titoli dalla Chiesa Apostolica d’Etiopia, attraverso cui Dio glorificava ancora il proprio Figlio e ne mostrava al mondo l’autorità. Primo, Potenza della Trinità, Re dei re, Eletto di Dio, Leone di Giuda, Luce del Mondo e Difensore della Fede, sono tutti titoli specificamente cristologici e legati alla manifestazione regale del Messia, che Egli soltanto detiene contemporaneamente e nell’universale riconoscimento ufficiale. Come giustamente rilevò l’illustre testata giornalistica “Le Monde”, in un suo inserto speciale dedicato al Sovrano (Panorama du Monde, 1955), “Egli porta i titoli più prestigiosi della storia” su un seggio dell’ONU.
d) Le Profezie Bibliche
“Voi scrutate le Scritture, perché per mezzo di esse pensate di avere la vita eterna: sono proprio esse che mi rendono testimonianza”
Giovanni 5, 39
Affinché l’uomo potesse riconoscere le apparizioni del Signore e credere nel suo potere di dominare i tempi e la storia, la Bibbia descrive minuziosamente, secoli prima della Sua Venuta, le opere e le caratteristiche di Cristo. Per questa ragione, Egli faceva spesso chiari riferimenti alle profezie antiche, dimostrando come fosse stato già annunciato in tutti i suoi tratti, esplicitamente o in figura simbolica:
Si dovevano adempiere tutte le cose scritte a mio riguardo nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi (Luca 24, 44).
La Vita di Sua Maestà, ugualmente, è raccontata con precisione da Libri millennari, in ogni sua minima espressione e dimensione. Come Egli stesso affermò nella Prefazione della Sua Auto-biografia, Vol. I, con evidente allusione alla narrazione della propria vita, “non vi è nulla che non sia scritto nelle Sacre Scritture“. In particolare, le sue vicende sono in perfetto parallelo con la vita di Gesù e la narrazione dei Vangeli, che rivivono nell’attualità come un’immagine riflessa, speculare.
e) La Sua Predicazione e Dottrina
“Sono Io che rendo testimonianza a Me Stesso”.(Giovanni 8, 18)
L’idea che la dottrina Rastafari sia una costruzione teorica totalmente estranea alla volontà del Signore, che si sarebbe anche stupito, a loro detta, dell’esistenza del nostro movimento, è da considerarsi frutto dell’informazione propagandistica che, sfruttando l’impreparazione generale del popolo, ignora totalmente, consciamente e non, ciò che il Re ha insegnato e rivelato, fondamento vero delle nostre credenze e convinzioni. Proprio come fece Gesù, molte volte il Signore testimonia e predica personalmente la Sua Cristicità attraverso la parola e le opere pratiche, inducendoci a riflettere sulla Sua Natura, facendo riferimenti alla Scrittura, compiendo consapevolmente profezie messianiche e ponendosi volontariamente nel Mistico e nel Trascendente.
In questa categoria rientra anche la sua straordinaria conoscenza e sapienza, che gli fece guadagnare il conferimento di decine di Lauree ad Honorem da parte dei maggiori Atenei del mondo, appartenenti a tutti e cinque i continenti del globo, e che, manifestatasi senza alcuna specifica istruzione scolastica, testimonia il suo vivere oltre i limiti della storia e della specie umana. Per Lui, vale ciò che fu detto nel Vangelo di Matteo, capitolo 7 verso 29:
Ora, quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle si stupivano della sua dottrina, perché Egli le ammaestrava come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
f) Lo Spirito Santo che guida e ispira le menti
“Quando verrà il Paraclito che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi darà testimonianza”. (Giovanni 15, 26)
La presenza di Cristo rappresenta una potenza viva, che avvolge misticamente le anime che ne vengono a contatto, indipendentemente dalla loro formazione culturale e storica, rendendole partecipi, consapevolmente o inconsapevolmente, del piano Divino. Quando Simeone vide per la prima volta il Bambino Santo presso il Tempio di Gerusalemme, pur senza conoscerlo ne riconobbe l’identità e, riempito dello Spirito Santo, cantò le Sue lodi (Luca 2, 25s); quando Gesù entrò a Gerusalemme, i bambini nel tempio, presi dallo Spirito, cominciarono a inneggiare alla Sua Gloria, e il Signore rispose ai farisei, che gli chiedevano di farli smettere: “Vi dico che se taceranno costoro, si metteranno a gridare le pietre” (Luca 19, 40). I suoi stessi nemici, anche con l’intento di danneggiarLo e denigrarLo, non facevano che confessare involontariamente che Egli era Giusto e Veritiero: è questo il caso del cospiratore deicida Caifa (Giovanni 11, 49s), o di coloro che Lo interrogarono maliziosamente, a cui rivolse il Suo emblematico giudizio: “Tu lo dici” (Matteo 27, 11).
Similmente, tante testimonianze di uomini che hanno fatto esperienza del Re sono cariche di profezia e verità bibliche: giornalisti, politici, intellettuali, provenienti da ogni ambiente ed estrazione sociale, assolutamente privi di condizionamenti culturali e storici di matrice rastafariana e a volte addirittura guidati da finalità diffamatorie. Spesso inconsapevoli della portata teologica della proprie affermazioni, espresse come sentimenti inspiegabili e incomprensibili, essi sono attori di un disegno cosmico che conferma in ogni sua minima parte la Fede e la Gloria di Sua Maestà.
g) I Suoi Figli e Fedeli
“E anche voi mi renderete testimonianza, perché siete con me fin dall’inizio.”(Giovanni 15, 26)
Secondo il Vangelo di Luca, capitolo 6 verso 44, “Il pregio di un albero lo si riconosce dai suoi frutti: non si raccolgono infatti fichi dalle spine e non si vendemmia uva da un rovo”. I fedeli figli del Re sono anche la più limpida testimonianza della vera potenza e rettitudine del proprio Padre. Laddove i rasta sono conosciuti senza preconcetti e superficialità, essi ispirano fiducia e rispetto, mostrando un carattere esemplare, eccellenza professionale e vitalità culturale: basta pensare alla qualità universalmente riconosciuta dell’arte Rastafari, allo straordinario carisma di molte importanti figure spirituali, ed alla pacifica serenità che la loro persona ispira, indipendentemente dalle possibili distorsioni caricaturali e propagandistiche.
Così come in Jamaica il Movimento Rastafari ha contribuito significativamente alla costituzione di una coscienza nazionale ed al raggiungimento dell’indipendenza politica, allo stesso modo esso riveste a livello internazionale un’importante funzione educativa sociale e civile, indissolubilmente legata al valore della libertà ed al senso della giustizia, che sta concretamente plasmando e guidando i costumi della società come una forza edificante e positiva. La sua incidenza nella storia è sempre più evidente e tangibile, e tutti gli uomini sono naturalmente invitati a riflettere sui suoi frutti.
In sintesi, una dottrina Rastafari che rifiuti la Cristicità di Sua Maestà è un controsenso, poiché è incapace di giustificarne teologicamente la Manifestazione storica, le modalità espressive e comunicative, e rifiuta di riconoscere l’insieme dei Segni della Venuta di Gesù, contravvenendo ai Suoi stessi comandamenti. Negare la Cristicità di Haile Selassie I equivale a negarGli la propria fede e costruirsi una visione completamente astratta e soggettiva del Suo Messaggio.
Da ciò, è possibile trarre delle posizioni fondamentali implicite, che derivano dal sistema teologico ortodosso ereditato dall’Etiopia, e che abbiamo il dovere di custodire per professare una fede coerente.
a) L’esser Cristo di Sua Maestà equivale al Suo esser Dio Figlio Incarnato, ed implica il Suo possesso della Stessa Umanità (Spirito, Anima, Corpo) e della Stessa Divinità di Gesù.
Come abbiamo già evidenziato, la teologia ortodossa indica nella sola persona del Figlio l’attuarsi dell’incarnazione, ovvero l’assunzione dell’Umanità, poiché la Sua funzione specifica all’interno della Trinità è quella della mediazione storica tra la Divinità e le creature. Ed è Lui, personalmente, che giungerà ancora nella maestà, secondo la Scrittura, come premio del suo Sacrificio sulla Croce e della Sua ubbidienza esemplare: è per questo che il Cristo Regale viene esplicitamente definito “Verbo di Dio” in riferimento alla Divinità del Figlio (Apocalisse 19, 13; Giovanni 1), e “Agnello Immolato” in riferimento alla Carne assunta, morta e risorta nella gloria (Apocalisse 5). Attribuire a Sua Maestà un’identità personale differente da quella del Figlio, come il Padre o lo Spirito Santo, è dunque profondamente scorretto.
E’ ugualmente sbagliato parlare di “reincarnazione” o “seconda incarnazione” di Dio, come molti presunti manuali teorici fanno abitualmente per descrivere la teologia Rastafari. Come abbiamo già enfatizzato, la Sua è una carne risorta, perfezionata e rinnovata, ma è la medesima carne che fu concepita nel Ventre inviolato della Vergine Maria, la medesima carne che fu immolata per la salvezza dell’uomo, e che vinse la morte una volta per sempre, essendo Uno con la Divinità. Non crediamo perciò che abbia assunto un’altra carne (re-incarnazione), ma che l’umanità incorrotta che si è seduta alla Destra di Dio sia scesa di nuovo nel mondo, si sia fatta misteriosamente presente nel Ventre di Waizaro Yashimabet e così in mezzo a noi.
b) Egli non può morire, poiché la morte non ha più potere su di Lui, né corporalmente né spiritualmente, dopo il Suo Martirio sul Calvario.
Nella Sua Prima Venuta il Cristo è morto sulla Croce, e nel terzo giorno è resuscitato, in accordo con le Scritture. Questa Resurrezione è la Sua vittoria eterna sulla morte, il Suo risorgere nella perfezione e pienezza corporale, dopo aver distrutto le maledizioni che gravavano sulla razza umana. Egli, in linea con il destino generale dell’uomo, muore una sola volta e risorge vittorioso una sola volta per tutta l’eternità. Come testimonia con estrema chiarezza il Santo Apostolo Paolo nella Lettera agli Ebrei, capitolo 9, versi 26-28:
Ma ora, una sola volta, alla fine delle età, Cristo è stato manifestato per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, e dopo ciò viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una sola volta per prendere su di sé i peccati di molti, apparirà una seconda volta senza peccato a coloro che lo aspettano per la salvezza.
E ancora, nella Lettera ai Romani, capitolo 6, versi 8-10:
Ora se siamo morti con Cristo, noi crediamo pure che vivremo con lui, sapendo che Cristo, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più alcun potere su di Lui. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio.
E’ dunque ovvio che la morte non è contemplata nel Suo Ministero regale e glorioso, e che il Re sia per noi, adesso, realmente e pienamente vivo, nella carne e nello spirito. Tale posizione non è un dogma astratto e surreale, ma si accorda senza forzature con storia recente dell’Etiopia e del Suo Sovrano. La Sua “scomparsa” dopo l’arresto, in seguito ad un colpo di stato militare di ispirazione sovietica, è ancora un mistero storiografico insoluto, a cui si forniscono tesi contradditorie e spesso bizzarre. Noi crediamo che il Re si sia occultato e nascosto agli occhi degli uomini, in accordo con le profezie bibliche, così come molte altre imporanti figure della storia sacra, ma che sia allo stesso tempo vivente e operante in mezzo a noi.
c) Egli opera la redenzione politica e fisica, cioè che è propriamente chiamata “liberazione”, introducendo l’umanità in una fase di democrazia, diritti civili e giustizia sociale.
La funzione assolta dal Cristo Gesù nella Sua prima venuta è l’espiazione del peccato morale e spirituale dell’uomo, una missione coerente con la Sua Veste di Sommo Sacerdote, e ampiamente descritta, in tutti i suoi aspetti teologici, nelle lettere degli Apostoli, in particolare di Paolo. La funzione specifica della Regalità di Cristo e del Suo Secondo Ministero risiede invece nella rimozione della rimanente oppressione fisica, terrena e politica, a cui il concetto di Maestà è legato. Gli schemi teologici applicati per l’interpretazione della prima liberazione sono dunque validi per la seconda, qualora adattato il loro linguaggio alla condizione presente.
d) Il Suo Regno non ha fine, ma sussiste mediante noi, Suoi Sudditi e Sua Nazione, viventi nei limiti della Sua Legge e sottomessi alla Sua Autorità. Annunciamo dunque la Sua Presenza, reale e politica, sul Trono d’Etiopia e del Mondo.
Come è scritto nel Vangelo di Luca, capitolo 1 verso 32:
Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine.
Considerare terminato il Suo governo terreno non solo sarebbe contrario alle indicazioni della Scrittura, ma incompatibile con la Sua vita eterna, a cui è legata anche l’autorità imperiale. Inoltre, il Regno di Giustizia che ci è stato promesso e affidato è possibile soltanto qualora Egli stesso, in qualità di Perfetto Dio e Uomo, governi realmente sulla Terra e corregga le nostre imperfezioni. Crediamo dunque che Egli sia ancora Imperatore d’Etiopia e del Mondo, e che questo Regno si estenda su tutti, in particolar modo su coloro che ne riconoscono il Potere.
Questo Governo non ha tuttavia un senso anarchico o eversivo, come alcuni maliziosi osservatori vorrebbero far credere, ma al contrario, è pienamente coerente con l’ordinamento democratico dello Stato e con la legge mondiale promulgata dalle Nazioni Unite. Il Suo Governo è la società dei diritti che è stata formalmente dichiarata dall’uomo dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie alla Sua Vittoria ed al Suo personale impegno politico, e che non è pienamente applicata poiché alcune forze vi si ribellano, ripropenendo in forme celate ed attenuate lo spirito tirannico che è stato screditato e condannato. Per tali ragioni, esprimiamo fedeltà e sostegno alla Repubblica Italiana e alla sua Costituzione Anti-fascista, all’Unione Europea e alle Nazioni Unite, impegnandoci a perfezionare queste istituzioni con il lavoro e il dialogo, nell’esempio e nella guida del Re dei Re, affinché ciò che adesso è soltanto relegato ai documenti ed alla retorica, sia un giorno pienamente attuato e visibile su questa terra, e l’autorità del Sovrano sia pienamente e definitivamente rispettata.